domenica 16 dicembre 2012

pastore maremmano

Generalità e morfologia: Il pastore maremmano è una razza canina italiana che ha origine già molto prima della nascita di Cristo. Già nell’antichità veniva usato per la difesa dei greggi soprattutto nell’Italia meridionale e in particolare nella regione dell’abruzzo dove la pastorizia arrivava ed arriva ancora oggi al suo maggiore apice; infatti il nome originale di questa razza è “pastore abruzzese”. Soltanto a partire dagli anni ’50, dopo l’elezione della regione Maremma come culla della razza verrà chiamata comunemente “pastore maremmano”. Dotato di grossa mole, testa grossa a forma di cono tronco, occhi non evidenti leggermente a mandorla. Orecchie pendenti piccole e triangolari, dentatura a forbice stretta, tartufo prettamente nero, pelo bianco, leggermente ondulato che porta alla formazione, nei maschi, di una criniera leonina all’altezza del collo. Per quanto riguarda l’altezza nei maschi si aggira tra i 69 e i 74 centimetri mentre per le femmine tra i 65 e i 69 centimetri. Il peso per i maschi si aggira tra i 50 e i 55 chilogrammi mentre per le femmine tra i 40 e i 45 chilogrammi. Perspicace, coraggioso e deciso, fiero ed orgoglioso dimostra anche attaccamento al padrone e a ciò che lo circonda viene usato per la guardia di proprietà, non ha bisogno di addestramenti, anzi, potrebbero influenzare la sua crescita naturale. È consigliata la supervisione di un adulto nel caso che venga a contatto con bambini. Preferisce un’alimentazione a base di cibi naturali e vivere all’aperto. Sopporta tutte le condizioni climatiche anche se preferisce una temperatura fredda. I difetti più ricorrenti della razza del pastore maremmano sono: assi del cranio-facciali convergenti, coda portata sul dorso, tartufo depigmentato, pelo ricciuto, sfumature nere. Questa razza è riconosciuta dalla ENCI (ente nazionale cinofilia italiana).

pesce pagliaccio

Generalità e morfologia: Il pesce pagliaccio vive principalmente nelle barriere coralline dell’Oceano Indiano orientale, del mar Cinese e dell’oceano Pacifico occidentale, spingendosi sino alle isole Salomone e Vanuatu. Il suo nome lo deve alle livree estremamente colorate, che solitamente sono rosso-arancio e striate di bianco o nero. Il suo corpo è compresso lateralmente, con grandi pinne arrotondate e adatte a piccoli spostamenti. Può arrivare fino a 9 centimetri di lunghezza, ed il maschio si presenta più piccolo rispetto alla femmina. La caratteristica principale del pesce pagliaccio è l’associazione con alcune specie di anemoni. Questi sono molto letali per gli altri pesci, che finiti nei suoi tentacoli vengono dapprima storditi e poi inghiottiti. Per il pesce pagliaccio la cosa non accade dato che la mucosa che secerna lo rende immune al veleno dell’anemone, ed è privo degli agenti chimici che attivano l’anemone. Solitamente non si allontano molto dal loro anemone, e vivono in piccoli gruppi su uno o più anemoni contigui. Il gruppo prevede la dominazione da parte di una femmina, il suo compagno è l’unico sessualmente maturo, mentre gli altri, ancora non maturi, vivono intorno all’anemone. Alla morte della femmina dominante il maschio cambia sesso e matura, prendendo il posto del capo, mentre tutti gli altri slittano di un posto nella gerarchia. Durante il periodo della riproduzione, che nelle acque temperate avviene in tutto l’anno, mentre nelle altre avviene nei mesi più caldi, la femmina depone dalle 200 alle 400 uova nelle rocce o nelle conchiglie, per essere poi fecondate dal maschio. Le larve vengono disperse dalla corrente fino a quando non trovano un anemone che li ospita. Data la sua lentezza è una facile prede per questo raramente abbandona il suo anemone, nutrendosi quindi di plancton e alghe. Una volta intrappolato il cibo tra i fitti e piatti denti lo deglutisce e lo macina a poltiglia digeribile dagli altri denti situati sulle ossa opercolari. La sua vita media, in libertà, si aggira ai 12 anni. Una curiosità, la Disney ha usato il pesce pagliaccio in una produzione animata intitolata “Alla ricerca di Nemo”.

pony dales

Origini della razza Pony Dales: La razza Pony Dales è originaria del Yorkshire nel nord dell'Inghilterra, un antenato del Dales Pony è il Pennine Pony, la razza fu realizzata per ottenere un animale da tiro da impiegare nell'estrazione del piombo, ben presto vennero alla luce le sue caratteristiche ed abilità di ottimo lavoratore, capace di trasporate grossi carichi e coprendo lunghe distanze con inattesa velocità. Con l'arrivo della ferrovia e la realizzazione di buone strade, la razza Pony Dales trovò rifugio nelle fattorie della regione dove trovava largo impiego. Successivamente l'elegante e veloce Dales fu arruolato come cavallo da trasporto per l'esercito e trovò largo spazio anche nelle corse di trotto. Sono animali dotati di incredibile resistenza dotati di intelligenza e temperamento calmo. Attualmente viene utilizzato per il trekking ed equitazione. Morfologicamente si presenta con un ossatura possente delle zampe e piedi robusti. Il mantello è morello, i colori più comuni sono il nero il marrone e baio.

tamandua

Generalità e morfologia: Il Tamandua è un mammifero appartenente alla famiglia dei Formichieri dai quali si differenziano principalmente per le dimensione più ridotte. La specie in oggetto misura in lunghezza totale sino ad un metro, di cui quaranta centimetri spettano solo alla coda, il muso è lungo e tubolare ed il collo breve ed alto. Le zampe anteriori, molto più forti e robuste di quelle posteriori, presentano dita armate di fortissime unghie ricurve. Il corpo è ricoperto da peli molto lucidi e setosi dalla colorazione gialliccia e presenta una caratteristica striscia nera che parte dalla parte posteriore del tronco e si biforca fino alle spalle ed ai lati del petto. Habitat: L’animale abita le foreste dell’America Centrale e Meridionale fino all’Argentina. Vita sociale e comportamento: A differenza del suo parente più prossimo, il formichiere, il tamandua è un arboricolo per eccellenza. Con movenze molto lente e tranquille esso si aggrappa ai rami con le grandi unghie di cui è dotato e scruta con attenzione l’arbusto in cerca di piccoli insetti di cui cibarsi. Se la caccia non va a buon fine il tamandua scende allora sul terreno e come il formichiere va in cerca di formicai e termitai da “assalire”. La sua arma di difesa in caso di eventuali attacchi nemici sono principalmente le grandi unghie che mostra con fare minaccioso, inoltre in caso di estremo pericolo, il tamandua emana anche un odore molto simile a quello del muschio. Per anni la specie è stata minacciata da spietate cacce da parte dell’uomo, infatti la sua pelle è usata per preparare astucci e borse e presso alcune popolazioni dell’America centrale questa veniva usata addirittura come rimedio magico per alcune malattie. Corteggiamento e riproduzione: I tempi e le abitudini sessuali dei Tamandua sono i medesimi dei Formichieri. Come accade per quest’ultimi è durante la primavera che le femmine, dopo una gestazione di circa centonovanta giorni, danno alla luce un solo cucciolo che si nutrirà a lungo di latte materno. Il cucciolo rimane poi aggrappato al fianco della mamma per un tempo relativamente lungo.

pellicano

Pelecanus Linnaeus, 1758 è un genere di uccelli acquatici, unico genere vivente della famiglia Pelecanidae. Etimologia Il nome del genere viene dal latino tardo pelecanus, che a sua volta deriva dal greco πελεκάν (pelekán, "pellicano"). Si ritiene che la radice remota del termine sia il greco πέλεκυς (pélekys, "scure"), per la forma del becco . Descrizione Il genere comprende 8 specie, tutte di grossa taglia, viventi sui grandi laghi o presso coste marine. Loro caratteristica è il profondo sacco golare sotto il becco lungo e largo. Non hanno dimorfismo sessuale. I pellicani hanno zampe corte e forti, piedi palmati che li fanno avanzare rapidi nell'acqua e ne facilitano il decollo, piuttosto goffo, dalla superficie liquida. Biologia Sono uccelli gregari, forti volatori, che si cibano di pesce catturato mentre nuotano in acque poco profonde o, nel caso di una specie, tuffandosi mentre sono in volo. Il pellicano nella storia Pellicano che si ferisce il petto. Il pellicano comune è un uccello che vive in Europa orientale, in Asia sud-occidentale e in Africa, a cui si attribuisce sin dal medioevo un importante significato allegorico. Dagli antichi greci il pellicano veniva chiamato Onocrotalo, perché il suo strano grido, krotos, era simile a quello di un asino (onos) - o perché assomiglia al suono di un sonaglio (sempre krotos) appeso al collo di un asino. Il fatto che i pellicani adulti curvino il becco verso il petto per dare da mangiare ai loro piccoli i pesci che trasportano nella sacca, ha indotto all’errata credenza che i genitori si lacerino il torace per nutrire i pulcini col proprio sangue, fino a divenire “emblema di carità” (O. Wirth). Il pellicano è divenuto pertanto il simbolo dell’abnegazione con cui si amano i figli. Per questa ragione l’iconografia cristiana ne ha fatto l’allegoria del supremo sacrificio di Cristo, salito sulla Croce e trafitto al costato da cui sgorgarono il sangue e l’acqua, fonte di vita per gli uomini. Il pellicano è una figura rappresentativa anche in altre culture, infatti i musulmani considerano lo stesso un uccello sacro poiché, come narra una loro leggenda, allorché i costruttori della Ka’ba dovettero interrompere i lavori per mancanza d'acqua, stormi di pellicani avrebbero trasportato nelle loro borse naturali l'acqua occorrente a consentire il completamento dell'importante costruzione sacra. Antiche leggende raccontano che i suoi piccoli vengono al mondo talmente deboli da sembrare morti, o che la madre, tornando al nido, li trovi uccisi dal serpente. Il Fisiologo nel suo inventario (Physiologus, II-IV sec.?) dice che il pellicano ama moltissimo i suoi figli: «quando ha generato i piccoli, questi, non appena sono un po' cresciuti, colpiscono il volto dei genitori; i genitori allora li picchiano e li uccidono. In seguito però ne provano compassione, e per tre giorni piangono i figli che hanno ucciso. Il terzo giorno, la madre si percuote il fianco e il suo sangue, effondendosi sui corpi morti dei piccoli, li risuscita». Negli ultimi tre secoli del medioevo, sovente lo spirituale uccello è stato al centro dell'attenzione artistica. Rappresentato in scultura o in pittura col nido dei suoi piccoli sulla sommità della croce e nell'atto di straziarsi il petto con i colpi del suo becco. Il sangue scaturente dal petto del Pellicano è, per l’Ars Symbolica, la forza spirituale che alimenta il lavoro dell’alchimista che, con grande amore e sacrificio, conduce la ricerca della perfezione. Questo emblema è presente nell’iconografia alchemica: da un lato raffigura un genere di storta, ossia un recipiente nel quale veniva riposta la materia liquida per la distillazione, il cui “beccuccio” è piegato in direzione della cupola convessa; dall’altro costituisce un’immagine della “pietra filosofale” dispersa nel piombo allo stato fluido, nel quale si fonde al fine di determinare la trasmutazione del “vile metallo in oro”. Questo volatile è quindi la metàfora dell’aspirazione non egoistica all’ascesa verso la purificazione, della generosità assoluta, "in mancanza della quale, nell'iniziazione, tutto resterebbe irrimediabilmente vano" (O. Wirth)


martedì 4 dicembre 2012

il cane in generale

Il cane (Canis lupus familiaris) è un mammifero carnivoro ascritto al genere Canis (famiglia canidi). Con la addomesticazione si è distinto dal suo probabile predecessore, il lupo, del quale rappresenta una forma neotenica (anche se al riguardo c'è ancora qualche divergenza) e rispetto al quale ha canini meno aguzzi, zanne bianche, zampe molto più estese, intestino più lungo, ed è privo di artigli affilati. L'uomo ed il cane sono legati da almeno 36.000 anni, alcuni ricercatori sono riusciti a datare un cranio di cane rinvenuto in una caverna sui monti Altai in Siberia. Questi studi ritengono probabile che i cani moderni potrebbero avere diversi antenati comuni. Indice Biologia Il cane è estremamente variabile nelle sue caratteristiche biologiche, per la selezione operata dalla natura (dalle diverse zone di provenienza) e soprattutto dall'uomo (suo compagno di vita fin dall'età preistorica), tanto da richiedere, secondo alcuni, la divisione in differenti sottospecie e morfologie. Il peso può variare da 700 g ai 111 kg. Ha un ciclo estrale che si ripete due volte l'anno (al contrario del lupo che ha un solo periodo d'estro); questa caratteristica è dovuta in parte alla selezione compiuta dall'uomo per facilitare l'allevamento e in parte alla selezione naturale. Il periodo di gestazione per tutte le razze è di circa 62 giorni. Vengono alla luce da 1 a 10 piccoli, a seconda della taglia dell'animale. Notevoli sono i cambiamenti apportati nel corso dei secoli dalla selezione operata dall'uomo, sia come caratteristiche fisiche (colore, peso, qualità sensoriali), sia come caratteristiche di socializzazione. Notevole importanza è stata posta da sempre nell'educazione e nel comportamento del cane. Tutte le razze canine hanno una spiccata predisposizione al comportamento giocoso e socievole durante tutta la loro esistenza: caratteristiche che nel lupo (loro progenitore), in parte scompaiono al sopraggiungimento dell'età adulta. Il senso dell'olfatto Principale caratteristica distintiva del cane è il senso dell'olfatto, dovuto alla sua innata attività di cacciatore. Parte fondamentale del suo processo di riconoscimento degli odori è la conformazione del suo naso (il tartufo) ma soprattutto la potente mucosa interna, in grado di distinguere una sola molecola di una sostanza su milioni di altre. Il tartufo rappresenta l'estremità terminale del naso del cane. L'impronta delle circonvoluzioni che lo contraddistinguono è specifica dell'individuo e, al pari delle impronte digitali dell'essere umano, può essere usata come efficace sistema di riconoscimento. La mucosa che riveste internamente il naso del cane svolge gli stessi compiti di qualsivoglia altro mammifero: alla sua estremità ci sono le froge o cavità per aspirare l'aria e, come in altri mammiferi, al confine mucosocutaneo, è dotato di vibrisse laterali, grossi peli con funzioni sensoriali molto importanti. Quello che la rende speciale sono diverse funzioni aggiuntive. Innanzitutto è un eccezionale organo di senso, soprattutto in senso termico, dinamico (perché la mucosa che lo riveste è provvista di ghiandole sudoripare, mentre la pelle del cane ne è quasi totalmente priva) e tattile, essendo in grado di registrare anche lievissime asperità e vibrazioni che altrimenti sfuggirebbero all'animale. Queste eccezionali capacità dell'olfatto del cane rappresentano il principale motivo per cui molti cani vengono addestrati e utilizzati per la ricerca di animali, persone, tartufi o sostanze particolari, come stupefacenti o esplosivi. Evoluzione Mosaico pompeiano raffigurante un cane con guinzaglio Evolutivamente, si è ritenuto (a partire dagli studi di Konrad Lorenz) che il cane potesse discendere dal lupo o dallo sciacallo, o da entrambi, che avrebbero dato origine a razze primitive diverse, dalle quali sarebbero derivate le molteplici forme attuali. I più recenti studi basati sulla genetica, supportati da recenti ritrovamenti paleontologici, hanno portato a ritenere valido il riconoscimento del lupo grigio (Canis lupus anticus madeus parmus lantus sus) come progenitore del cane domestico, riconosciuto come sottospecie (Canis lupus familiaris). Ancora incerte sono le ipotesi sul processo di domesticazione. Una delle ipotesi più accreditate è quella dei coniugi Ray e Lorna Coppinger, biologi, che propongono la teoria di un "domesticamento naturale" del lupo, una selezione naturale di soggetti meno abili nella caccia, ma al contempo meno timorosi nei confronti dell'uomo, che avrebbero cominciato a seguire i primi gruppi di cacciatori nomadi, nutrendosi dei resti dei loro pasti, ma fornendo inconsapevolmente un prezioso servizio di "sentinelle", stabilendosi in seguito nei pressi dei primi insediamenti, e dando il via ad una sorprendente coabitazione tra due specie di predatori, con reciproci vantaggi. Alcuni di questi "cani selvatici" sarebbero poi stati avvicinati ed adottati nella comunità umana (cani del villaggio, i "cani pariah" che si trovano ancora oggi in alcune società, "di tutto il villaggio", tollerati per il loro ruolo di spazzini e di predatori di piccoli animali nocivi), dando il via ad un perfetto esempio di coevoluzione. Quasi certamente, come dimostrato anche dagli studi di Dimitri Belayev, la naturale selezione basata sulle attitudini caratteriali al domesticamento ha provocato la comparsa di mutamenti fisici (dalla riduzione del volume cranico, all'accorciamento dei denti, ma anche la comparsa di caratteri quali le chiazze bianche sul mantello e le code arricciate). Il primo resto archeologico di cane è stato ritrovato in Belgio nella caverna di Goyet (nelle Ardenne) e risale a 31.000 anni fa. Scoperto nel 1870 si è ritenuto per molto tempo che fosse un lupo ma nel 2007 è stato ristudiato e ricatalogato. Inoltre, nei siti archeologici più antichi, numerosi sono i ritrovamenti di resti di cani (che pure testimoniano le prime differenze dall'antenato selvatico). La testimonianza più antica di un legame fra cani ed umani risale al Gravettiano (circa 28.000 anni fa) e sono le orme di un bambino e di un cane ritrovate presso la grotta di Chauvet, nel sud della Francia. Recentemente sono stati scoperti siti tombali risalenti allo stesso periodo (25.000/28.000 anni fa) che dimostrano una sepoltura rituale di cani (introduzione di un osso di mammut nella bocca di uno dei tre cani ritrovati). Tuttavia, la prima testimonianza di un legame affettivo tra uomo e cane risale al più recente periodo natufiano (circa 12.000 anni fa) presso il sito di Ein Mallaha in Israele con una tomba che conserva i resti di un uomo anziano coricato su un fianco in posizione fetale che protende un braccio verso i resti di un cucciolo di cane. Un dipinto, che ritrae un boxer vicino alla sua cuccia. Alla luce delle più recenti esperienze in cui si è tentato di addomesticare il lupo (tentativi tutti miseramente falliti) o di ibridazione dello stesso con i cani (gli unici tre tentativi riusciti, dopo innumerevoli peripezie, sono il Cane lupo cecoslovacco, il Saarloos e il Lupo Italiano) sembra alquanto inverosimile che la prima differenziazione tra razze diverse sia da attribuire alle diverse sottospecie di lupo (che, secondo la tradizione, vennero addomesticate quasi contemporaneamente in diverse parti del mondo, in situazioni geografiche e climatiche altrettanto dissimili); appare più logico, invece, che le prime razze siano state selezionate in maniera molto più semplicemente empirica tramite l'accoppiamento di cani pariah con caratteristiche analoghe (ad esempio i levrieri ancestrali possono essere stati il frutto di selezione fra cani snelli, veloci ed abili predatori, così come gli antenati del Basenji furono selezionati accoppiando cani di piccola taglia con gambe snelle particolarmente abili nel cacciare i topi). Successivamente, i soggetti più dotati fisicamente e/o attitudinalmente per i diversi impieghi, furono selezionati con metodi sempre più efficaci: a quanto pare i primi ad effettuare un processo selettivo sistematico furono gli antichi romani già intorno al III-IV secolo a.C.. Può essere interessante osservare come le grandi variazioni morfologiche che hanno permesso al lupo di "trasformarsi" in alano, chihuahua oppure bassotto, si siano presentate nel corso dei secoli in forma involontaria, vere e proprie mutazioni spontanee che l'uomo ha saputo sfruttare e valorizzare. Si sono talvolta sfruttate quelle che potevano apparire assurde bizzarrie genetiche, quali il nanismo acondroplasico (arti corti su corpi normali), utili in cani adibiti a seguire la selvaggina nel folto dei cespugli, o dentro le tane: ecco la comparsa delle forme "bassotte" in molte razze da caccia. Molto interessante, poi, la ricostruzione dell'evoluzione delle razze attraverso il fenomeno del pedomorfismo neotenico, la conservazione cioè nei cani adulti di alcuni tratti morfologici e caratteriali tipici di diverse fasi giovanili dello sviluppo del lupo. In base a tale teoria, si possono raccogliere le razze in 4 gruppi: cani primitivi - con proporzioni della testa e struttura generale fortemente lupine, orecchie erette. Esempi: groenlandese, pharaon hound, basenji, vastgotaspets l'Husky, il samoiedo pedomorfi di primo grado - teste allungate, stop accentuato, orecchie semi erette. Sono segugi e cani paratori, con spiccato istinto all'inseguimento. Esempi: wolfhound, bloodhound, bracco, collie, terrier, bassotto pedomorfi di secondo grado - teste più larghe, musi più quadrati, stop marcato, orecchie pendenti, pelle più spessa. Cani giocatori con gli oggetti, buoni riportatori. Esempi: terranova, golden retriever, barbet, Cavalier King Charles Spaniel, Bichon Frisé pedomorfi di terzo grado - accentuati diametri trasversali, musi corti o cortissimi, occhi frontali, orecchie piccole e cadenti, cute abbondante che forma rughe, molto predisposti all'accumulo di grassi. Cani "lottatori" (anche nella forma giocosa), fortemente territoriali e diffidenti. Esempi: mastini, cani da montagna, cani da presa, bulldog, carlino, pechinese. Nel tempo, l'uomo ha selezionato molte diverse razze e varietà di cani, per avere un aiuto nelle sue molte attività: esistono quindi oggi razze di cani da pastore, da caccia, da guardia, da compagnia, da corsa e altre ancora. Razze Un esemplare di Canis lupus familiaris al Passo dello Stelvio Classificazione F.C.I. per gruppi e sottogruppi [modifica] Gruppo 1: Cani da Pastore e Bovari (esclusi Bovari Svizzeri) Cani da Pastore Cani da Bovari (esclusi Bovari Svizzeri) Gruppo 2: Cani di tipo Pinscher e Schnauzer, Molossoidi e Bovari Svizzeri Tipo Pinscher e Schnauzer Molossoidi (suddivisi in: tipo mastino e tipo cane da montagna) Bovari Svizzeri Gruppo 3: Terrier Terrier di taglia grande e media Terrier di piccola taglia Terrier di tipo Bull Terrier di tipo Toy Gruppo 4: Bassotti Bassotti Gruppo 5: Cani di tipo Spitz e di tipo primitivo Cani nordici da slitta Cani nordici da caccia Cani nordici da guardia e da pastore Spitz Europei Spitz Asiatici e razze affini Tipo primitivo Tipo primitivo da caccia Tipo primitivo da caccia con cresta sul dorso Gruppo 6: Segugi e cani per pista di sangue Segugi Cani per pista di sangue Razze affini Gruppo 7: Cani da ferma Cani da ferma continentali Cani da ferma britannici ed irlandesi Gruppo 8: Cani da riporto - Cani da cerca - Cani da acqua Cani da riporto Cani da cerca Cani da acqua Gruppo 9: Cani da compagnia Bichons e affini Barboni Cani Belgi di piccola taglia Cani nudi Cani del Tibet Chihuahua Shihtzu Spaniel inglesi da compagnia Spaniel giapponesi e pechinesi Spaniel nani continentali Kromfohrländer Molossoidi di piccola taglia Gruppo 10: Levrieri Levrieri a pelo lungo o frangiato Levrieri a pelo duro Levrieri a pelo corto Classificazione morfologica per tipologie [modifica] Pastore tedesco di 6 mesi Un bulldog inglese ritratto ad una mostra canina in Polonia Tipologia Braccoide testa di forma prismatica, con muso a facce laterali parallele, salto naso-frontale poco accentuato; orecchie grandi e piatte sulle guance; labbra superiori abbondanti che coprono il profilo inferiore della mandibola. Rappresentanti del Gruppo sono: Bracco italiano, Dalmata, Setter, Retriever, Cocker, ecc. Tipologia Lupoide testa a forma piramidale; orecchie erette e triangolari; muso allungato ed in rapporto di 1:1 col cranio; labbra superiori piccole e aderenti; dentatura con chiusura a forbice. Rappresentanti del Gruppo sono: Pastore tedesco, Pastore belga, Chow Chow, Fox Terrier, ecc Tipologia Molossoide testa rotonda, voluminosa; orecchie piuttosto piccole; muso più corto del cranio; labbra abbondanti; dentatura con chiusura a tenaglia o prognata. Rappresentanti del Gruppo sono: Mastino napoletano, Boxer, Cane di Terranova, Bulldog, Alano, Dogo argentino, Rottweiler, ecc. Tipologia Graioide testa a forma di cono allungato, stretta; orecchie piccole e portate indietro; rapporti di lunghezza del muso rispetto al cranio 1:1; labbra stirate; dentatura con chiusura a forbice. Rappresentanti di questo Gruppo sono: (Levrieri) Whippet, Borzoi, Saluki, Piccolo Levriero Italiano, ecc. Tipologia Bassottoide i soggetti Anacolimorfi. Tipologia Volpinoide rappresentanti di questo Gruppo sono: Volpino e Piccoli Spitz. Cani da caccia [modifica] Un American Foxhound Col tempo, affinandone le predisposizioni naturali, sono stati selezionati cani con caratteristiche specifiche per i differenti tipi di caccia condotti dall'uomo: quelli che inseguivano le prede per poi aggredirle (cani da sangue, cani da traccia, cani da pista) sono stati selezionati per la caccia alla séguita (alla volpe, al cinghiale, all'orso, ecc.): es. segugio, beagle, dogo, ecc.; quelli che, percepito l'odore del selvatico, si fermavano a breve distanza e lo puntavano (cani da punta) sono stati usati per la ferma: es. setter, pointer, bretone, bracco, ecc.; quelli dotati di un forte senso del recupero dell'animale abbattuto (cani da riporto) sono stati usati principalmente per il riporto, soprattutto nelle zone acquitrinose (es. i retrievers): es. golden retriever, terranova, labrador, ecc.; quelli che naturalmente (anche grazie agli arti corti spesso dovuti a nanismo acondroplastico) erano portati a seguire la preda fin dentro la tana (cani da tana) sono stati selezionati per la caccia in tana: es. bassotto, terrier, ecc.; e via dicendo. Apprendimento Un cucciolo di cane Il cane è un animale sociale che, al contrario di quanto molti asseriscono, non vive in un branco gerarchicamente organizzato. Recenti studi sui cani randagi, in particolare quelli dell'equipe del dottor Bonanni (Nature Magazine, 8 aprile 2010), dimostrerebbero che il concetto di gerarchia lineare nel cane è alquanto inverosimile; semmai esisterebbe un comportamento di competenze condivise fra molti e non sempre. In realtà, vista la storia evolutiva del cane, si può parlare sia di partnership (relazione con mutuo vantaggio fra le parti) sia di leadership (relazione con vantaggio maggiore di una delle due parti) a seconda delle circostanze e di come si formano i gruppi sociali. Il cane non è più un lupo e quindi non lo si può definire esattamente come animale da branco, ma nella famiglia umana lui vede un "gruppo sociale" paragonabile (a grandi linee)al branco naturale. Alcune osservazioni sul lupo hanno riscontrato che i branchi sono soprattutto familiari(i due riproduttori sono alla guida dei propri figli, spesso di cucciolate di anni diversi); altri studiosi hanno osservato il comportamento di branchi formatisi dall'unione di gruppi diversi, con modalità molto diverse rispetto a quelle dei branchi familiari. Nel cane solitamente è la madre che si occupa in toto delle cure parentali, dopodiché la guida del "branco misto" passa all'uomo, con il quale il cane instaura un rapporto di collaborazione sociale perché il processo chiamato "impregnazione" (ovvero il fatto che l'uomo interagisca con il cucciolo di pochissimi giorni di vita) convince il cane che apparteniamo, se non proprio alla stessa specie, quantomeno allo stesso gruppo sociale. Secondo alcune scuole (dette "gentiliste") al cane non va chiesta ubbidienza, concetto arcaico tipico di metodi addestrativi basati sulla coercizione; semmai lo si invoglia a cooperare così come alle origini fu la relazione cane/umano. Secondo altre (dette "tradizionali" o "naturali"), fermo restando l'impegno di evitare al cane qualunque sofferenza, l'obbedienza non è affatto un concetto superato: anzi, è l'unico concetto che il cane, come animale sociale e gerarchico, può far suo, sentendo il vero e proprio bisogno di una guida che lo accompagni nella sua crescita e nella sua acquisizione di un ruolo e di competenze specifiche all'interno del gruppo. Entrambe concordano sul fatto che l'obiettivo è quello di costruire un rapporto di fiducia corretto e bilanciato. Accanto al concetto di "addestramento" (cioè "rendere destro il cane" ad un'attività sportiva o di utilità) assume grande importanza quello di "educazione" del cane, in cui viene coinvolta la psiche del cane per raggiungere una condizione di equilibrio (omeostasi psichica) che gli permetta di vivere in ambito antropico senza traumi o stress. Stabilito questo, il cane è, fra gli animali domestici, forse il più facile ed il più proficuo nell'apprendimento ed è capace di imparare ad eseguire un gran numero di esercizi. Alcune recenti affermazioni da parte dello scienziato Stanley Coren lo confermano. Lo psicologo, che raccoglie da anni dati sui comportamenti dei cani, e che insegna psicologia all'università canadese della British Columbia, afferma che la loro intelligenza è profondamente più sviluppata di quanto le persone pensino. Per intelligenza li paragona infatti a bambini di due tre anni: essi infatti, come avviene per i cuccioli d'uomo, hanno basilari capacità aritmetiche (quelli particolarmente intelligenti sono capaci di contare fino a cinque) e sono in grado di apprendere oltre 165 parole (il numero varia sensibilmente, fino ad arrivare a 250 parole per i cani dotati di maggior quoziente intellettivo). Egli distingue inoltre vari tipi di intelligenza: Intelligenza istintiva: ciò che un cane è addestrato a fare fin dalla nascita Intelligenza adattativa: ciò che un cane impara a fare da solo, attraverso l'esperienza Intelligenza funzionale (ubbidienza): ciò che l'animale può imparare attraverso l'insegnamento di comandi e ordini Intelligenza spaziale: si riferisce alle capacità di un cane di ritrovare ad esempio la via di casa La classificazione di Coren è contestata da altri studiosi ed etologi. Gli antichi (e superato da decenni) metodi di addestramento del cane si fondavano principalmente sulla coercizione per rettificare i comportamenti errati (rinforzo negativo e punizione positiva), fino all'ottenimento del comportamento desiderato. Questo avveniva (e ancora avviene sui campi di alcuni addestratori "vecchio stampo", nonché in molte case private) con l'applicazione di varie forme di pressione fisica e psicologica, dalla semplice sgridata ad alta voce, allo strattone applicato tramite il guinzaglio, fino all'uso di collari a strozzo, a punte o elettrici, questi ultimi controllati a distanza tramite telecomando. Il progredire delle conoscenze etologiche, e la crescente sensibilità animalista, hanno fatto sì che negli ultimi 30 anni si sia progressivamente diffuso, a partire dal mondo anglosassone, un nuovo tipo di educazione e addestramento, di cui esistono principalmente due scuole. Uno è il metodo gentile, basato sul rinforzo positivo del comportamento desiderato, tramite lo stimolo di quattro fondamentali bisogni del cane che possiamo distinguere in primari (alimentazione (bocconcini di wurstel o formaggio), istinto di predazione (inseguimento di una pallina)) e secondari (istinto di competitività (tira e molla), contatto sociale (carezze)). Questo metodo sfrutta il principio naturale per il quale il cane, come tutti gli animali, tende a ripetere i comportamenti che gli portano un vantaggio, tralasciando i comportamenti che non ne portano. Una delle metodologie più efficaci facenti parte del metodo gentile è quella del Clicker training, spesso basata sul modellaggio, anche se è spesso male interpretata da chi l'applica in modo approssimativo ed improvvisato, con conseguenti scarsi e approssimativi risultati. L'altro metodo, "tradizionale" o "naturale", parte dal metodo di scuola tedesca senza però tenere più in alcuna considerazione la coercizione e la violenza. Fa invece ampio uso di rinforzo positivo, pur considerando la possibilità di correggere il cane (in vari modi che possono andare dalla semplice sgridata all'azione decisa sul guinzaglio)quando sbaglia, ritenendo che il cane (come confermato da tutti gli studi sul cognitivismo) non sia un mero opportunista ma un essere pensante e in grado di capire perfettamente ciò che il proprietario desidera da lui, quindi in grado di distinguere anche gli errori purché gli si spieghi chiaramente quando e perché ha sbagliato. Nell'ambito delle attività organizzate di addestramento, vanno diffondendosi per seguito e per approfondimento le "prove di lavoro" riservate ad esemplari delle razze di utilità; si tratta di manifestazioni cinotecniche e sportive organizzate dalle delegazioni dell'E. N.C. I. allo scopo di mettere in evidenza le qualità naturali del cane, nonché la sua attitudine ad applicare ciò appreso dall'addestramento specifico e per individuare e fare conoscere, ai fini dell'allevamento, i soggetti dotati di carattere migliore e più idonei al lavoro. Cani randagi Un cane randagio In Italia il randagismo interessa circa un milione di cani. Si tratta di un fenomeno comune nei paesi che non hanno una politica di sterilizzazione dei cani randagi e le strutture per ospitare i cani randagi che possono essere adottati dalla popolazione. I cani randagi sono più numerosi nel sud dell'Italia, nonostante il rapporto tra numero di cani e di abitanti sia inferiore.

domenica 2 dicembre 2012

razze di pesci

ecco alcune razze di pesci: Abyssocottidae Acanthuridae Acestrorhynchidae Achiridae Achiropsettidae Acipenseridae Acropomatidae Adrianichthyidae Ageneiosidae Agonidae Akysidae Albulidae Alepisauridae Alepocephalidae Alestiidae Alopiidae Amarsipidae Ambassidae Amblycipitidae Amblyopsidae Amiidae Ammodytidae Amphiliidae An-Ap Anabantidae Anablepidae Anacanthobatidae Anarhichadidae Anguillidae Anomalopidae Anoplogastridae Anoplopomatidae Anostomidae Anotopteridae Antennariidae Aphredoderidae Aphyonidae Apistidae Aploactinidae Aplocheilidae Aplodactylidae Apogonidae Apteronotidae Ar-Au Argentinidae Ariidae Ariommatidae Arripidae Artedidraconidae Aspredinidae Astroblepidae Ateleopodidae Atherinidae Auchenipteridae Aulopidae Aulorhynchidae Aulostomidae B Badidae Bagridae Balistidae Balitoridae Banjosidae Barbourisiidae Bathyclupeidae Bathydraconidae Bathylagidae Bathylutichthyidae Bathymasteridae Batrachoididae Bedotiidae Belonidae Belontiidae Bembridae Berycidae Blenniidae Bothidae Bovichtidae Brachaeluridae Brachionichthyidae Bramidae Bregmacerotidae Bythitidae C Ca - Ce - Ch - Ci-Cu - Cy Ca Caesionidae Callanthiidae Callichthyidae Callionymidae Callorhinchidae Caproidae Caracanthidae Carangidae Carapidae Carcharhinidae Caristiidae Catostomidae Caulophrynidae Ce Centracanthidae Centrarchidae Centriscidae Centrogeniidae Centrolophidae Centrophoridae Centrophrynidae Centropomidae Cepolidae Ceratiidae Ceratodontidae Cetomimidae Cetopsidae Cetorhinidae Ch Chacidae Chaenopsidae Chaetodontidae Champsodontidae Chanidae Channichthyidae Channidae Characidae Chaudhuriidae Chaunacidae Cheilodactylidae Chiasmodontidae Chilodontidae Chimaeridae Chirocentridae Chironemidae Chlamydoselachidae Chlopsidae Chlorophthalmidae Ci-Cu Cichlidae Cirrhitidae Citharidae Citharinidae Clariidae Clinidae Clupeidae Cobitidae Coiidae Colocongridae Comephoridae Congiopodidae Congridae Coryphaenidae Cottidae Cottocomephoridae Cranoglanididae Creediidae Crenuchidae Cryptacanthodidae Ctenoluciidae Curimatidae Cy Cyclopteridae Cyematidae Cynodontidae Cynoglossidae Cyprinidae Cyprinodontidae Cyttidae D Dactylopteridae Dactyloscopidae Dalatiidae Dasyatidae Dentatherinidae Denticipitidae Derichthyidae Diceratiidae Dichistiidae Dinolestidae Dinopercidae Diodontidae Diplomystidae Diretmidae Doradidae Draconettidae Drepaneidae E-F Echeneidae Echinorhinidae Elassomatidae Electrophoridae Eleginopidae Eleotridae Elopidae Embiotocidae Emmelichthyidae Engraulidae Enoplosidae Ephippidae Epigonidae Erethistidae Ereuniidae Erythrinidae Esocidae Euclichthyidae Eurypharyngidae Evermannellidae Exocoetidae Fistulariidae Fundulidae G Gadidae Galaxiidae Gasteropelecidae Gasterosteidae Gempylidae Geotriidae Gerreidae Gibberichthyidae Gigantactinidae Giganturidae Ginglymostomatidae Glaucosomatidae Gnathanacanthidae Gobiesocidae Gobiidae Gonorynchidae Gonostomatidae Goodeidae Grammatidae Grammicolepididae Gymnarchidae Gymnotidae Gymnuridae Gyrinocheilidae H Haemulidae Halosauridae Harpagiferidae Helogeneidae Helostomatidae Hemigaleidae Hemiodontidae Hemiramphidae Hemiscylliidae Hemitripteridae Hepsetidae Heptapteridae Heterenchelyidae Heterodontidae Heteropneustidae Hexagrammidae Hexanchidae Hexatrygonidae Himantolophidae Hiodontidae Hispidoberycidae Holocentridae Hoplichthyidae Hypophthalmidae Hypopomidae Hypoptychidae I-K Icosteidae Ictaluridae Indostomidae Inermiidae Ipnopidae Istiophoridae Kneriidae Kraemeriidae Kuhliidae Kurtidae Kyphosidae L La-Li - Lo-Lu La-Li Labridae Labrisomidae Lactariidae Lamnidae Lampridae Latimeriidae Latridae Lebiasinidae Leiognathidae Lepidogalaxiidae Lepidosirenidae Lepisosteidae Leptobramidae Leptochariidae Leptochilichthyidae Leptoscopidae Lethrinidae Linophrynidae Liparidae Lo-Lu Lobotidae Lophichthyidae Lophiidae Lophotidae Loricariidae Lotidae Luciocephalidae Lutjanidae Luvaridae M Ma-Mi - Mo-My Ma-Mi Macrouridae Macrurocyttidae Malacanthidae Malapteruridae Mastacembelidae Megachasmidae Megalomycteridae Megalopidae Melamphaidae Melanocetidae Melanonidae Melanotaeniidae Menidae Merlucciidae Microdesmidae Microstomatidae Mirapinnidae Mitsukurinidae Mo-My Mochokidae Molidae Monacanthidae Monocentridae Monodactylidae Monognathidae Moridae Moringuidae Mormyridae Moronidae Mugilidae Mullidae Muraenesocidae Muraenidae Muraenolepididae Myctophidae Myliobatidae Myrocongridae Myxinidae N Nandidae Narcinidae Nematistiidae Nematogenyidae Nemichthyidae Nemipteridae Neoceratiidae Neoscopelidae Neosebastidae Nettastomatidae Nomeidae Normanichthyidae Notacanthidae Notocheiridae Notograptidae Notopteridae Notosudidae Nototheniidae O Odacidae Odontaspididae Odontobutidae Ogcocephalidae Olyridae Omosudidae Oneirodidae Ophichthidae Ophidiidae Opisthoproctidae Opistognathidae Oplegnathidae Orectolobidae Oreosomatidae Osmeridae Osphronemidae Osteoglossidae Ostraciidae Ostracoberycidae P Pa-Pe - Ph-Pl - Po-Pr - Ps-Pt Pa-Pe Pangasiidae Pantodontidae Parabembridae Parabrotulidae Parakysidae Paralepididae Paralichthyidae Parascorpididae Parascylliidae Paraulopidae Parazenidae Parodontidae Pataecidae Pegasidae Pempheridae Pentacerotidae Percichthyidae Percidae Perciliidae Percophidae Percopsidae Peristediidae Petromyzontidae Ph-Pl Phallostethidae Pholidae Pholidichthyidae Phosichthyidae Phractolaemidae Phycidae Pimelodidae Pinguipedidae Platycephalidae Platytroctidae Plecoglossidae Plectrogenidae Plesiobatidae Plesiopidae Pleuronectidae Plotosidae Po-Pr Poeciliidae Polymixiidae Polynemidae Polyodontidae Polyprionidae Polypteridae Pomacanthidae Pomacentridae Pomatomidae Potamotrygonidae Priacanthidae Pristidae Pristiophoridae Prochilodontidae Profundulidae Proscylliidae Protopteridae Ps-Pt Psettodidae Pseudaphritidae Pseudocarchariidae Pseudochromidae Pseudomugilidae Pseudopimelodidae Pseudotriakidae Pseudotrichonotidae Psilorhynchidae Psychrolutidae Ptilichthyidae R Rachycentridae Radiicephalidae Rajidae Regalecidae Retropinnidae Rhamphichthyidae Rhamphocottidae Rhincodontidae Rhinobatidae Rhinochimaeridae Rhyacichthyidae Rivulidae Rondeletiidae S Sa-Sc - Se-St - Su-Sy Sa-Sc Saccopharyngidae Salangidae Salmonidae Samaridae Scaridae Scatophagidae Schilbeidae Schindleriidae Sciaenidae Scoloplacidae Scomberesocidae Scombridae Scombrolabracidae Scombropidae Scopelarchidae Scophthalmidae Scorpaenidae Scyliorhinidae Scytalinidae Se-St Sebastidae Serranidae Serrasalmidae Serrivomeridae Setarchidae Siganidae Sillaginidae Siluridae Sisoridae Soleidae Solenostomidae Sparidae Sphyraenidae Sphyrnidae Squalidae Squatinidae Stegostomatidae Stephanoberycidae Sternoptychidae Sternopygidae Stichaeidae Stomiidae Stromateidae Stylephoridae Su-Sy Sundasalangidae Symphysanodontidae Synanceiidae Synaphobranchidae Synbranchidae Syngnathidae Synodontidae T Telmatherinidae Terapontidae Tetrabrachiidae Tetragonuridae Tetraodontidae Tetrarogidae Thaumatichthyidae Torpedinidae Toxotidae Trachichthyidae Trachinidae Trachipteridae Triacanthidae Triacanthodidae Triakidae Trichiuridae Trichodontidae Trichomycteridae Trichonotidae Triglidae Triodontidae Tripterygiidae U-V Umbridae Uranoscopidae Urolophidae Valenciidae Veliferidae X Xenisthmidae Xiphiidae Z Zanclidae Zaniolepididae Zaproridae Zeidae Zoarcidae.

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La tigre (Panthera tigris, Linnaeus 1758) è un mammifero della famiglia dei felidi. Con un peso che può arrivare fino a 300 kg, la tigre è il più grande dei cosiddetti "grandi felini" che costituiscono il genere Panthera (tigre, leone, giaguaro, leopardo e leopardo delle nevi), ed è l'unico felide moderno a raggiungere le dimensioni dei più grandi felidi preistorici. È un cosiddetto predatore alfa, ovvero si colloca all'apice della catena alimentare, non avendo predatori in natura, a parte l'uomo. Oltre che dalle dimensioni notevoli, è caratterizzata dalla particolare colorazione del mantello striato che serve a "spezzare" otticamente la figura dell'animale; il disegno del mantello varia leggermente da sottospecie a sottospecie.[1] Vi sono tuttavia delle varianti al colore del mantello, principalmente nella sottospecie nominale Panthera tigris tigris (tigre indiana "del Bengala"), la più comune tra queste è quella con strisce nere su sfondo bianco.Etimologia, denominazione e semantica Il quarzo occhio di tigre richiama il colore dell'iride della tigre. La parola «tigre» deriva dal latino tigris, che trae origine dal greco antico τίγρις, che a sua volta proviene dal persiano e significa «freccia», in riferimento alla velocità dell'animale; tale vocabolo è all'origine anche del nome del fiume Tigri. Col nome Felis tigris, è stata una delle molte specie descritte per la prima volta nel XVIII secolo da Linneo nella sua opera Systema Naturae. La denominazione scientifica, Panthera tigris, si presume derivi dal greco pan- («tutti») e theron («bestia»), ma è più probabile un'origine asiatico/orientale, con il significato di «animale giallo» o «bianco-giallo». In zoologia, il termine «tigre» è stato utilizzato per estensione per definire molte specie di grandi felini maculati o a strisce: ad esempio, i termini «tigre d'America», «tigre della Guyana» e «tigre nera» in passato sono stati utilizzati per indicare il giaguaro (Panthera onca), chiamato ancora in molti paesi del Sudamerica e dell'America Centrale «El tigre». «Gatto tigre» è anche un nome alternativo del gatto giaguaro, noto inoltre con il nome scientifico di Leopardus tigrinus. Molti altri animali hanno un nome composto dalla parola «tigre», dovuta alla caratteristica striatura che li contraddistingue, come lo squalo tigre, la tigre della Tasmania, la zanzara tigre e il serpente tigre. Anche nel campo dei minerali si riscontra l'utilizzo del nome, come per l'occhio di tigre, una pietra semipreziosa della famiglia dei quarzi. Il nome viene anche utilizzato in alcune espressioni per indicare una persona aggressiva: ad esempio, si dice che un uomo feroce e spietato sia come una tigre o possa essere «geloso come una tigre». Al contrario, si parla di «tigre di carta» per descrivere qualcosa di spaventoso in apparenza, ma innocuo nella realtà.Morfologia e anatomia Lo scheletro della tigre si distingue da quello del leone per la lunghezza degli arti e da quello del leopardo per le dimensioni maggiori. Muso di Panthera tigris. La tigre è il felino selvatico più grande che esista in natura ed è anche uno dei più grandi predatori terrestri. Le dimensioni della tigre variano notevolmente da una sottospecie all'altra; infatti, una tigre di Sumatra di sesso maschile non pesa più di 140 kg per 2,3 metri di lunghezza, mentre una tigre siberiana può raggiungere i 300 kg per 3,3 metri di lunghezza. Anche l'altezza al garrese della tigre è molto variabile a seconda della sottospecie, da 85 cm a un metro, così come anche la sua lunghezza totale, con la coda, da 2 a 3,7 metri, e il peso, che può variare dai 65 ai 300 kg. Le orecchie della tigre, arrotondate, hanno la superficie esterna di colore nero con una macchia bianca al centro. Le pupille sono rotonde; il colore dell'iride varia dall'oro al verde, ma a volte può essere anche azzurro. Il naso è di colore rosa, caratterizzato a volte dalla presenza di macchie nere. Le vibrisse (i cosiddetti «baffi») sono molto folte e poste su un muso corto. La fronte è arrotondata. Il collo è coperto da un pelo fitto e una pelle più spessa, soprattutto nei maschi. I canini della tigre sono tra i più lunghi tra tutti i felini e possono raggiungere una lunghezza di circa dieci centimetri[10]. Come in tutti i membri del genere Panthera, l'osso ioide è parzialmente ossificato e permette all'animale di ruggire. Organi sensoriali La tigre può fare affidamento su due sensi sviluppatissimi, l'udito e la vista. Gli occhi, che le consentono di osservare anche il più piccolo movimento della preda prescelta, sono strutturati secondo le esigenze di un predatore notturno; grazie alla particolare conformazione dell'occhio, è in condizione di sfruttare i più tenui raggi di luce e di muoversi con disinvoltura nelle tenebre notturne. Origini ed evoluzione I più antichi resti di un felino simile alla tigre sono quelli della Panthera palaeosinensis, trovati in Cina e a Giava. Questa specie era presente nel primo Pleistocene (circa 2 milioni di anni fa), ed era di dimensioni più piccole rispetto alla tigre moderna. I più antichi resti fossili di vere e proprie tigri sono datati fra 1,6 e 1,8 milioni di anni fa, trovati a Giava e appartenenti ad una sottospecie, oggi estinta, chiamata tigre di Trinil (P. tigris trinilensis) e visse per circa 1,2 milioni di anni, sempre nel territorio di Giava. Non è noto con certezza quale sia la regione d'origine della tigre, certamente essa si diffuse durante il Pleistocene in gran parte dell'Asia, inclusa la Beringia (da cui però non transitò nelle Americhe), l'India, Sumatra, Giava e Bali. Fino all'Olocene le tigri furono diffuse anche nel Borneo. Sono state trovate tracce di fossili anche in Giappone e sulle isole del Borneo.
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La giraffa (Giraffa camelopardalis, Linnaeus 1758) è un grande mammifero africano artiodattilo, il più alto tra tutte le specie di animali terrestri viventi; può superare i 5 metri di altezza e la tonnellata di peso.[2][3] La più alta giraffa che si conosca misurava 5,87 m di altezza e pesava circa 2.000 kg.[2][3] Le femmine sono leggermente più piccole e meno pesanti dei maschi. Ha la caratteristica di avere arti e collo eccezionalmente lunghi (il lungo collo misura fino a 3 m), oltre alla lingua blu (fino a 60 cm) e alle piccole corna ricoperte di pelle (ossiconi). Caratteristico è anche il colore del mantello, pezzato più o meno finemente (a seconda delle sottospecie) di bruno su fondo beige. La giraffa appartiene alla famiglia dei Giraffidi, che comprende solo un'altra specie vivente, l'okapi (Okapia johnstoni). In swahili si chiama twiga. Indice Etimologia Il nome comune italiano giraffa deriva dall'arabo zarrāfa, a sua volta derivato dall'egiziano zor-aphé che significa "lungo collo".[4] Distribuzione e habitat [modifica] Le giraffe vivono in branchi dai 10 ai 70 individui, nelle savane dell'Africa subsahariana. Descrizione Apparato scheletrico I maschi possono arrivare sino a 5,5 metri fino alle corna (da 3 a 3,6 metri al garrese) e pesare tra gli 8 quintali e i 1.930 kg; le dimensioni del loro pene arrivano fino a 45 cm. Le femmine sono più piccole, arrivano a 4 o anche 4,5 metri di altezza e pesare tra i 500 e i 1.180 kg; la profondità della loro vagina può arrivare agli 80 cm.[senza fonte] Il mantello è pieno di macchie marroni color bruno divise da un pelo chiaro color beige. Ogni giraffa ha un mantello diverso ed è impossibile trovarne due completamente identici.[5] Corna Entrambi i sessi possiedono corna, anche se quelle delle femmine risultano più piccole.
Le zebre sono dei Mammiferi Perissodattili appartenenti, come il cavallo, alla famiglia degli Equidi. Distribuite nelle regioni orientali e meridionali dell'Africa, le zebre si distinguono marcatamente dagli altri membri della famiglia per le striature verticali, nere o brune-rossastre, alternate a bande chiare, bianche o giallastre, sui quarti anteriori, che spesso tendono all'orizzontale sui quarti posteriori dell'animale. Molti zoologi ritengono che le strisce fungano da meccanismo di mimetizzazione, anche se alcuni credono che giochino un ruolo nelle loro interazioni sociali, agendo come mezzo di distinzione di un individuo in mezzo agli altri, a causa di lievi variazioni nelle strisce. La durata della vita non supera in media i 28 anni. La zebra delle steppe (Equus quagga, già Equus burchelli) è la più comune e conta in tutto sei sottospecie: una è oramai estinta (Equus quagga quagga), le altre cinque sono distribuite ampiamente in Africa orientale e meridionale. La zebra delle montagne (Equus zebra), diffusa in Africa del Sud, tende ad avere un mantello lucido, con ventre bianco e strisce più sottili rispetto alla Zebra delle steppe. È una specie in pericolo di estinzione. La zebra di Grevy (Equus grevyi) è la più grande delle zebre viventi. La si riconosce dalle orecchie arrotondate e dalle striature nere più sottili e fitte. Con una criniera eretta e una testa lunga e stretta che la rende simile ad un mulo. Vive nelle zone semiaride di Etiopia, Somalia e Kenia settentrionale. Anch'essa è in pericolo d'estinzione.
Con il termine coniglio si definisce un gruppo di animali appartenente alla famiglia dei leporidi, anche se il termine viene spesso usato per indicare la specie coniglio europeo (Oryctolagus cuniculus). Si distinguono dalle lepri per varie caratteristiche: ad esempio, appena nati i piccoli conigli sono privi di pelo, hanno gli occhi chiusi e sostanzialmente dipendono in modo totale dai genitori. I conigli, tranne quelli del gruppo coda di cotone, hanno l'abitudine di vivere in gallerie scavate nel terreno. I conigli, insieme con le lepri e i pica, costituiscono l'ordine dei Lagomorfi. Indice [nascondi] 1 Alimentazione 2 Comportamenti 3 Classificazione 4 Versi e comunicazione dell'animale 4.1 Coniglio nano 5 Voci correlate 6 Collegamenti esterni 7 Altri progetti Alimentazione L'alimentazione naturale è costituita da erba, foglie secche, radici e cortecce. Essendo erbivoro mangia però verdure di tutti i tipi, ad esempio sedano, carote o cicoria. Inoltre esistono dei mangimi confezionati per lui che per essere adatti devono avere delle caratteristiche specifiche ovvero fibra > 18% (fino al 22-25% soprattutto per i soggetti anziani, sedentari o dal pelo lungo) proteine 12-14% (fino al 16% per gli angora durante il ricambio del pelo) grassi non oltre il 3% calcio 0,6-1% fosforo 0,4-0,8% Vi è l'errata convinzione che il pane consumi i denti dei conigli. Anche se questo sembra gradirla, va segnalato che l'alimentazione a base di pane, fette biscottate, farine d'avena, melassa e carboidrati in genere oppure mangimi in ogni caso è causa di gravi problemi. Infatti, l'apparato digerente del coniglio non è in grado di assimilarli correttamente e la fermentazione di questo tipo di cibi può causare meteorismo e successivo blocco gastro intestinale coccidiosi (una delle maggiori cause di morte nei conigli da compagnia). Da non sottovalutare, inoltre, sono i già citati problemi dentali che tali cibi possono causare; malocclusioni dovute ad un cattivo consumo dei denti, sia incisivi che molari, che se non curate da un veterinario, causano inappetenza, ascessi ed infine la morte. Invece il silicio contenuto nell'erba permette ai denti la crescita continua e il consumarsi naturalmente. La corretta alimentazione del coniglio è quindi composta da fieno in quantità abbondante, verdura fresca e pulita in quantità pari a circa 250-300g per kg di peso del coniglio stesso ed acqua sempre a disposizione. È importante lasciare questo cibo sempre a disposizione dell'animale in quanto l'apparato digerente del coniglio è a digestione continua ed un digiuno prolungato per più di 12 ore apre la porta a patologie molto serie che possono ucciderlo. Il coniglio selvatico deve avere il pelo corto per trovare cibo,o i suoi predatori lo sentirebbero. Comportamenti Il coniglio da compagnia è generalmente affettuoso e socievole: nonostante non siano soliti chiedere manifestazioni d'affetto esplicitamente come potrebbe fare un gatto o un cane, molti conigli hanno un comportamento molto aperto e disponibile all'affetto che gli viene manifestato. Quando avvertono l'esigenza di mangiare, non è un caso che vengano ai piedi del padrone a domandare cibo, alzandosi sulle zampe posteriori o alzando il muso. I conigli sono in genere molto pacifici; ottimi animali da compagnia, non recano particolari disturbi, sono molto puliti e vivono in determinati spazi da loro selezionati e opportunamente "marchiati", anche più volte, strusciandosi col muso. È inoltre da ricordare che il coniglio è molto selettivo per quanto riguarda l'alimentazione: per esempio, trovandosi davanti del sedano e del prezzemolo, potrebbe scegliere o uno o l'altro a seconda del suo gusto, nonostante siano entrambi due alimenti tipici della sua alimentazione. I conigli assumono particolari comportamenti quando per esempio vogliono riposare; sono infatti soliti distendersi, oppure assumere una posizione "a palla", cioè piegando in dentro le zampe anteriori, stando in sostanza semidistesi. Difficilmente i conigli recano disturbi, anche in base al loro comportamento, proprio per la loro indole pacifica. Per antonomasia, si sa però che il coniglio è l'animale più pauroso, infatti, a meno che non siano coscienti di trovarsi in un luogo familiare e protetto, potrebbero spaventarsi anche per il minimo rumore, stando sempre sull'attenti.